Iniziamo ad entrare nel pieno della rubrica, scoprendo insieme le storie di queste donne e cosa significhi per loro essere donna oggi.
Seguendo il nostro percorso tra le domande che ho posto loro, la domanda successiva è stata la seguente: quali sono i modelli femminili che ti hanno ispirata di più nella tua vita e perché?
La ragione di questa domanda è molto semplice: noi tutte abbiamo avuto dei modelli a cui abbiamo aspirato o che ci hanno ispirate, da cui abbiamo “rubato” quelle caratteristiche che potevano essere importanti per costruire la nostra identità. Che fossero le nostre mamme, le nostre amiche, oppure ancora le pop star in tv, questa domanda vuole dimostrare che noi esseri umani non siamo asettici all’ambiente e alle persone che ci circondando; al contrario, le relazioni che costruiamo ci influenzano e, di conseguenza, influenzano anche la percezione di noi stess?.
Prima di iniziare, mi sembra giusto specificare una cosa: mi sono voluta concentrare sui modelli femminili perché mi è stato utile per portare successivamente il discorso dove volevo arrivasse – lo capirete nei prossimi articoli. Tuttavia, è fuor di dubbio che anche le figure maschili influenzino e possano essere d’ispirazione nella costruzione della propria identità femminile. Non essendo però quest’ultimo il tema centrale di questo articolo, ho deciso di non soffermarmi su questo aspetto.
Tornando a noi, i modelli femminili citati dalle donne intervistate sono davvero tanti: non solo sono diversi per ognuna, ma, considerando il focus delle domande successive, sono anche differenti dalle risposte che mi immaginavo. Essendo l’obiettivo dell’intervista (spoiler alert!) quello di investigare la rappresentazione della donna nei media, stavo infatti cercando riferimenti a modelli più mainstream – come Madonna, Lady Gaga o Julia Roberts, per farvi qualche esempio – per capire se e come il loro modo di essere femminili, in quanto icone mediatiche, avesse influenzato le donne intervistate. La verità è che questo obiettivo non è stato particolarmente raggiunto, perché ogni donna ha voluto portarmi nel proprio mondo di figure femminili. E, a dirla tutta, devo solo ringraziarle per questo, perché è stato molto più bello ed interessante così.
Una delle figure che è stata in assoluto più citata è quella della madre. Da una parte, questa tendenza non mi sorprende, perché, in fondo, la figura materna è il primissimo esempio di femminilità a cui siamo esposte. Tuttavia, credo anche che la figura della mamma, e del genitore in generale, sia per tutt? noi una figura estremamente ambivalente, che ci ispira, ma dalla quale vogliamo anche allontanarci. Questa contraddizione è emersa non tanto nei singoli racconti, ma comparando le risposte che le donne intervistate mi hanno dato, risultando quindi nelle loro diverse esperienze nel rapporto con le loro madri.
“Mia mamma, che è rimasta vedova a 33 anni, io ne avevo 5 quando mio papà è morto, è stata una donna importante per me. Lei è stata una donna combattiva e se io sono quella che sono è grazie a lei. Mia mamma è stata quella che mi ha insegnato a essere autonoma e indipendente, mi ha insegnato a pensare con la mia testa, a chiedere aiuto quando c’era bisogno, a capire chi potesse aiutarmi e chi no.” – Angela
“Innanzitutto, mia mamma, perché lei avendo perso la sua a tre anni, [all’epoca poi non c’erano neanche le foto, per cui lei non l’ha proprio mai conosciuta] ha trasmesso a me, alle mie sorelle e a mio fratello questo senso di famiglia, che ancora adesso io porto avanti. Grazie a lei, sto portando avanti l’idea di avere una famiglia aperta, perché la nostra casa è sempre stata un punto di riferimento per i miei figli e i loro amici. […] mi sembra proprio di avere fatto ciò che lei nel suo piccolo faceva.” – Daniela
“Sicuramente da piccola il mio modello di riferimento è stata la mamma.” – Samia
“Forse mia mamma e mia nonna, le figure più affini a me e ho cercato di fare quello che non hanno fatto loro. Poi non essendo io una donna di una grande cultura, […] ma una persona più semplice, ho cercato di non prendere esempio da alcune figure, perché ho visto un po’ di sofferenza nelle figure femminili intorno a me. Mia nonna, per esempio, è stata un po’ succube di mio nonno, mia mamma invece è separata e se ti amplio la cerchia di zii e zie, non penso che abbiano avuto situazioni migliori, anche se poi ti accorgi che è una condizione molto generica della donna.” – Giulia
“Mia mamma, perché comunque è sempre stata un punto di riferimento.” – Emily
Come ho già in parte scritto, la mamma ovviamente, anche se spesso è il primo, non è l’unico esempio di femminilità con cui possiamo entrare in contatto nella nostra vita.
Per Emily, ad esempio, anche le amiche più strette sono state e sono tutt’ora un esempio da seguire: “ho tante amiche con cui sono cresciuta e ho avuto la possibilità di vedere la loro evoluzione, come loro la mia, e mi sono ispirata molto anche a loro tratti caratteriali e modi di vedere la realtà che mi piacevano. E poi anche le ragazze più grandi che ho nella mia cerchia, […] tengo molto a chiedere consiglio a loro, perché hanno già vissuto quello che sto vivendo io adesso pochi anni fa.”.
Mi ha fatto molto sorridere la risposta di Maria Pia, mia nonna, perché, essendo lei la più piccola di quattro sorelle, mi sarei aspettata che proprio loro fossero il suo punto di riferimento e le sue figure d’ispirazione. Invece mi ha dato una risposta del tutto inaspettata e che mi ha fatto anche molta tenerezza: “Sicuramente persone semplici, ma con quel tocco di raffinatezza in più, questo mi è sempre piaciuto tanto. Il mio modello erano sempre persone con certe possibilità, che però io non avevo.”. Reputo questa ultima frase estremamente potente, perché mi ha fatto riflettere su quanto oggi questo tipo di aspirazione forse ci sia ancora, ma in una forma totalmente diversa. Essendo lei cresciuta negli anni subito successivi alla guerra, in una famiglia che non poteva permettersi chissà che lusso, il suo ispirarsi alle persone che si potevano permettere qualcosa di meglio era, dall’altra parte, affiancato da una consapevolezza che le risorse disponibili non sarebbero state sufficienti. Mi viene da pensare che forse oggi sia più difficile avere tale consapevolezza, considerando che non siamo tanto noi a ricercare delle influenze esterne, quanto più ci vengono costantemente messe sotto il naso, anche più volte al giorno. Oggi che tutto sembra possibile e a portata di mano, può essere pericoloso essere esposti ai desideri di altre persone, perché possono allontanarci dai nostri.
Anche Samia ha una visione abbastanza simile a quella di Maria Pia rispetto ai modelli che lei segue: “Adesso cerco di assorbire quello che posso dalle figure femminili che vedo e che penso abbiano un carisma particolare, sanno ciò di cui parlano, sanno quello che fanno, anche solo per il loro sguardo e il loro portamento. Quindi cerco di assorbire le caratteristiche di ogni donna che mi fa questo effetto e per cui penso “cavoli, vorrei proprio essere come lei!”.”
L’obiettivo che mi ero posta con questa domanda, come ho già scritto, devo dire che è stato in parte raggiunto, perché con alcune donne abbiamo parlato di figure femminili che appaiono sui social e nei media in generale.
Per Anna, ad esempio, una figura di riferimento importante è Stefania Andreoli, una psicoterapeuta che lavora molto sui social, ma non solo, e che si occupa di adolescenti e giovani adulti. “Per esempio, sui social lei dà la disponibilità di fare delle domande nelle stories, a cui poi risponde, […]. È sempre stata una figura molto importante, secondo me, soprattutto nel mondo dei social, dove queste figure sono poco presenti, ma soprattutto perché aiuta la mia generazione [ventenni] ad affrontare determinati argomenti, come la violenza o lo sfruttamento delle donne nei social.”.
Ho parlato di social, e in modo particolare di YouTube, con Giulia, la quale è stata accompagnata nelle sue diverse fasi di vita da interessi diversi e quindi anche da diverse figure femminili appartenenti a questo mondo. E’ passata da Clio Makeup, che parlava di trucchi, a pagine creative, fino a Marie Kondo per l’arredamento e per trovare nuove strategie per organizzare la casa. “Lei [Marie Kondo] è stata una che ha influenzato particolarmente quel periodo della mia vita: ho iniziato a stravolgere ogni angolo di casa secondo anche il suo metodo organizzativo, perché ero in un momento di confusione e avevo bisogno di fare ordine e ogni trucchetto per ordinare mi sembrava un salvavita; quindi, provavo un po’ tutte le metodologie, cercando di trovare quella che si adattasse di più a me.”. Le donne che vedeva, il modo di organizzare la loro vita o anche di enfatizzare il proprio sguardo con il giusto ombretto, sono state per lei non solo di grande ispirazione, ma anche un modo per migliorare la propria vita: “Ho preso un po’ di spunti da tutte, un po’ qua e un po’ lì, e alla fine facendo la somma, ho cambiato alcuni modi in cui magari gestivo la mia vita: dal tempo, alle amicizie o alle attività da fare, quali preferire e quali no, come spendere il meglio il tempo. Queste persone hanno quindi influito molto sul mio modo di agire, però ho sempre cercato di farlo adattare alla mia routine.”.
Veronica, amante di anime e manga, si è sempre sentita vicina a queste figure: “avevo questi modelli femminili molto ingenui, con una grande forza, paladine della giustizia, quindi per me era importante stare dalla parte giusta, battermi per gli ideali che avevo. Alle superiori sono diventata rappresentante di classe, poi anche rappresentante d’istituto, quindi c’era questa parte di me, ma collegata anche ad una parte più bambina, quindi con la testa tra le nuvole. Per tutte le superiori sono stata molto in un mondo idealizzato della femminilità, legata a questa parte più bimba di me.”.
Anche Daniela ha ritrovato altre figure femminili che l’hanno influenzata, principalmente “donne che hanno fatto parecchie cose per il sociale, che si sono battute per la femminilità, per le donne, per l’inserimento della donna nella società.” e che le sono stati utili sia per diventare mamma, ma anche nell’essere nonna.
Nel cercare di mettere in ordine le varie risposte, ho individuato un altro gruppo di modelli femminili. Per Angela, “i modelli femminili sono sempre stati quei modelli indipendenti e autonomi, che io già comunque avevo vissuto, perché a 14 anni ho imparato ad arrangiarmi, per cui l’idea che qualcuno mi dicesse cosa e come dovessi fare le cose, non entrava nel mio codice. Io sapevo esattamente cosa volessi fare, anche se chiaramente ascoltavo i consigli, però l’indipendenza e l’autonomia erano quei modelli che, secondo me, mi permettevano di crescere e di avere la colpevolezza di essere capace di fare quello che volevo.”. Tra questo tipo di figure, oltre alla madre, Angela ritrova la figura di Michela Murgia, in quanto personalità che è riuscita a valorizzare la donna come un individuo pensante.
Per Chiara, invece, un importante modello è stata Joe March, protagonista del romanzo “Piccole donne”, in quanto “era anticonformista, scriveva, ma soprattutto se ne fregava delle convenzioni, dandomi proprio quest’immagine di libertà e di possibilità di fare le cose come voleva lei”. Poi si è appassionata a Madonna, ma una delle figure a cui lei è più affezionata è Virginia Woolf: “Leggendo della sua vita, ho scoperto anche lei essere estremamente anticonformista e questo è stato un po’ il filo conduttore di tutte le persone che mi interessano. Virginia è rimasta il mio mito assoluto […]. Adesso continuano ad affascinarmi figure femminili che hanno sempre questo fattore fondamentale, cioè che sono anticonformiste, che sostanzialmente fanno più o meno quello che vogliono, ma soprattutto hanno il coraggio e la libertà di dimostrarlo.”.
Tra le righe di queste risposte si intreccia però la loro storia e c’è un aspetto che non ho potuto non notare: questa autonomia e indipendenza che entrambe hanno ricercato, Angela l’ha dovuta ribadire e confermare entrando in contatto principalmente con la figura maschile del fratello, mentre per Chiara la figura paterna è stata quella che più l’ha ispirata ad essere la persona che è oggi, andando contro il modello femminile casalingo.
Angela, infatti, raggiungendo il fratello in Veneto e convivendo con lui, si è spesso ritrovata a confrontarsi con un pensiero diverso dal suo, dovendo appunto ribadire il ruolo e l’importanza dell’essere una donna autonoma e indipendente.
Chiara, invece, cresciuta in un ambiente in cui la figura della donna era quella della casalinga, ha dovuto affermare il proprio voler essere diversa da quel modello: “Quando ero piccola, mi piaceva giocare con le macchinine, ma poi le hanno regalate a qualcun altro, perché tanto a me non servivano, perché era un gioco da maschi. Oppure volevo la scatola degli attrezzi del meccanico come mio papà, ma non era da femmina. Mi sono trovata incarnata in questo percorso senza neanche accorgermene. Per parecchio tempo ho avuto quindi la sensazione di voler fare una determinata cosa, ma di non poterla fare. Ad un certo punto mi sono risvegliata e, anche grazie al femminismo, ho capito che non ero l’unica a sentire queste cose e che volevo risolvere questa questione. A quel punto ho abbracciato la parte anticonformista, che per me consiste nel non accettare il ruolo classico di donna, per cui non sono donna di casa, non ho nessuna caratteristica da casalinga e mi piacciono molte cose che possono piacere ad altre categorie di persone, come il calcio, gli One Direction o gli oggetti in stile kawaii. […] Io affermo questa mia diversità, che poi non è così diversa, perché ci sono altre persone così, ma semplicemente non è una cosa di me che bisogna nascondere o di cui bisognerebbe vergognarsi, anzi, mi piace portarla avanti.”
La parola “anticonfromista” suona in modo estremamente ambivalente nella mia testa, in quanto, da un lato, è bello sentirsi divers? dagli altri e voler far emergere la propria diversità; dall’altro però mi fa rabbia, e in parte lo condivido anche nella mia esperienza, che per essere donne, spesso bisogna sentirsi “anticonformiste”, bisogna rivendicare la propria differenza, la propria autonomia e indipendenza di esseri umani. Se ci pensate, la connotazione della parola “anticonformista” è decisamente diversa se parliamo di un soggetto maschile o femminile. Per un uomo può essere “normale” essere diverso dal comune, mentre per una donna la diversità rispetto ai canoni può essere spesso oggetto di critica e di svilimento della propria identità. E’ davvero una parola che brucia, perché segna due facce della medaglia con cui ci dobbiamo confrontare e con cui dobbiamo convivere. La bellezza della diversità, con la consapevolezza di esserlo. Questo è anche l’obiettivo di questa rubrica: dimostrare che la diversità non è una cosa da “anticonformisti”, bensì è parte della natura di essere umani.
Come avrete notato, infatti, avendo tutte queste donne esperienze diverse ed essendo state esposte ad ambienti e modelli femminili diversi, ognuna ha avuto possibilità differenti di confrontarsi con il mondo femminile, prendendo spunto da diverse figure, più o meno vicine, per costruire la propria identità. Ed è dalle nostre esperienze e dalle nostre differenze che dobbiamo partire: ognun? di noi costruisce la propria identità in modo diverso, il che significa che non c’è un modo giusto o un modo sbagliato. Infatti, il messaggio che vorrei portare avanti proprio in questa rubrica è che condividere le proprie esperienze può essere un trampolino di lancio per imparare, prendere spunto e rendersi conto che il significante “donna” non ha valore se queste differenze non vengono messe in campo.
Come sempre, vi lascio qui la domanda a cui, se volete, potete rispondere:
Quali sono i modelli femminili e/o maschili che ti hanno ispirat? di più nella tua vita e perché?
Ci si legge alla prossima!
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