Ironia amara

19 Dicembre 2020

C’è una canzone di Alanis Morissette che è sempre riuscita a stamparmi un sorriso ebete in viso: si intitola “Ironic”, la rassegna di una vita che perde mille occasioni per un soffio. È l’emblema della convinzione che la vita vada in un certo modo e di come poi in un attimo cambi. E l’unico pensiero che ti viene è “Ma ti pareva! Fatalità oh…”, che non è altro che una versione moderna del “Ma che ironia!”. L’anno scorso mi è stato chiesto di riflettere su come l’amore, le relazioni e l’affetto fossero sopravvissute fino al 2019, avevo passato una notte intera a cercare informazioni su quello che all’epoca chiamavo “l’amore della mia vita”, impazzendo per cercare il suo segno zodiacale e capire se almeno ci fosse una compatibilità astrale fra di noi. Mi ricordo di essermi seduta al tavolo della cucina e di aver buttato giù la valanga di dubbi, scetticismi e convinzioni sulla mia incapacità di legarmi a qualcuno.

È passato più di un anno da quell’articolo e l’unica cosa che mi viene da dire è “se non è ironia questa…”.

Non potevo saperlo a quel tempo, ma proprio mentre andavo in giro a fare la dura delle merendine, camminando a testa alta, forte del mio “che schifo il romanticismo”, mi sono trovata di fronte a una persona che, con immensa ironia, mi avrebbe convinto di lì a poco che tutto sommato, non è così male fidarsi di qualcuno. Quindi, oggi, devo fare un passo indietro e dire che mia nonna aveva ragione, che sì, arriva sempre quando meno te l’aspetti. Ed è arrivato il momento di smantellare le mie convinzioni e fare un resoconto di questo anno e cinque mesi di contraddizione con la me di un anno fa.

Credits: @sipronunciasilipo

NON E’ COLPA MIA, È STATO IL 2020

Sarebbe bello poter usare la scusa del “ero confusa, quest’anno mi ha destabilizzato e non ci ho più capito nulla”, ma sarebbe falso – questo lo garantisco – perché difficilmente dico bugie e perché la mia “storia” è iniziata proprio qualche mese dopo quell’articolo del 2019.

Se siete anche solo un briciolo come me, sapete che farsi aiutare dalle persone è complicato, perché per quelli come noi non farcela da soli, vuol dire fallire. Sicuramente questo è anche uno dei nostri lati migliori perché ci spinge a dare sempre il massimo, ma anche un meraviglioso punto di partenza per andare in terapia.

Poi è arrivato il 2020 ed è venuto fuori che per quanto vogliamo provarci, da soli non ce la facciamo. No, non è una di quelle affermazioni, sinonimo del “ce la faremo”, che ci faceva urlare dalle finestre, e nemmeno una traduzione del “distancia hoy para abrazar nos mas fuerte manana”, ma un dato di fatto.

Quindi, la creatura mitologica che è riuscita a far sciogliere la corazza della strega cattiva (che sarei io), in realtà, ha fatto qualcosa di necessario: mi ha reso più debole.

PLOT TWIST

Nel 2020 ho fallito. Gesù, se ho fallito! In così tanti modi, che a pensarci ora fa quasi ridere. Non è autocommiserazione, è un’ammissione di colpa per qualcosa che non abbiamo potuto controllare. 

Fatemi andare per gradi: l’anno scorso non ho trovato le risposte che cercavo. Sono stata una contraddizione, questo sì, ma le questioni sono ancora ben lontane dall’essere risolte.

Il mio “tipo” è rimasto lo stesso, in qualche modo anche la persona che mi ha resa una contraddizione, rispecchia esattamente i canoni che ormai mi perseguitavano: difficilmente rintracciabile, con un tempo medio di risposta intorno alle 6 ore, irreperibile in periodi con grandi impegni, estraneo a tutto il mondo social, sostanzialmente instalkerabile e ovviamente Acquario. Sono ancora convinta che innamorarsi sia faticoso, anzi su questo proprio ci metto la mano sul fuoco. Le persone ci colpiscono, ma amarle è una prova di coraggio e di resistenza.

Un’amica mia la mette così: “Sto con il mio ragazzo da cinque anni, ho fatto così tanta fatica a trovare un equilibrio che se non funziona con lui, mi compro un gatto e finisco gattara.”

Ma siamo onesti, quest’anno è stato la disfatta dell’amore, del sesso, perfino dei baci a stampo e delle toccatine segrete sotto il tavolo! Siamo stati castrati delle nostre gioie sensoriali e corporali. Quest’anno ci hanno detto: “Scopate con la mascherina e a debita distanza”, e, per quanto fra qualche anno sentiremo in giro non ti bacerei nemmeno con una ffp2, difficilmente andremo oltre l’anno in cui abbiamo imparato a stare da soli.

La quarantena ha distrutto un po’ tutti: coppie, single, neomorosi (in veneto “morosi” è un altro modo per dire partner), matrimoni, trasformandoci in zombie in cerca di terapie di coppia o del reparto alcolici al supermercato. Eppure io, instancabile cinica e affettivamente intollerante, sono sopravvissuta non solo all’anno più amaro degli ultimi decenni, ma anche alla mia più grande paura: essere qualcosa per qualcuno.

Parlavo dell’amore della mia vita riferendomi a quella persona che ero sicura di non rivedere mai più, perché mi consolava sapere che non sarei dovuta scendere a patti con quello che non mi andava di vedere, e ho scelto di costruire la fama di questo principino americano in vacanza (lo so, alla fine sono pure io un classico cliché) per tenere lontani tutti quegli scenari che mi vedevano disperata a cantare all by myself nel mio salotto come la migliore versione di Bridget Jones d’Italia. Di nuovo, è troppo facile innamorarsi di qualcuno con cui non ti devi mai confrontare, con qualcuno che non ti mette in difficoltà e che non ti fa dire “ma oh!”. Non vuol dire che stare con qualcuno debba essere difficile, per carità, ma bisogna prendere le misure prima di arredare casa, altrimenti ci saranno mobili bellissimi, ma che non c’entrano nulla fra loro e che ti faranno dire “che gran casino!”.

Il mio non è un esempio di amore moderno, in cui ci si incontra su internet e ci si intuisce in due parole. Il mio è nato nel modo più vecchio del mondo, in piedi, ad aspettare l’apertura di una galleria d’arte vista Canal Grande a Venezia, con qualche brioches, qualche hamburger e un sacco di viaggi in treno (uniche volte in cui i ritardi di Trenitalia non erano affatto s-graditi). Al tempo delle Tesla elettriche, che si ricaricano in centro città, noi siamo auto d’epoca che fanno ancora girare la testa a tutti con le parate per strada.

Ora so per certo che per l’amore della tua vita non stai sveglia fino alle tre di notte cercando informazioni su internet (e per scoprire il suo segno zodiacale), per la persona della tua vita stai sveglia per fare una videochiamata di trenta secondi quando finisce di lavorare e il paese è in zona rossa.

Nel primo articolo mi chiamavo codarda per la durata di una poetica conclusione e lo ero, per certi versi lo sono ancora, ma ad essere proprio onesta, è stato bello avere paura finché è durato. Ora però ho acceso la luce e i mostri nell’armadio sono andati ad infestare la camera di qualcun altro. Il telefono stavolta l’ho messo in carica, e questo pezzo finisce senza alcun finalmente. Anzi no, finalmente il 2020 sta finendo, anche se probabilmente per quando verrà pubblicato questo pezzo, finalmente il 2020 è già finito. Ma se c’è una cosa che l’amore lascerà a me, sarà un’immensa ed incredibilmente amara ironia.

-Elena Marzari

Credits – Virginia Borgarelli @grafitismi

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