Lezioni dal passato: 25 Aprile 1945 – 2024

Il 25 aprile si festeggia la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, che ha distrutto il nostro Paese durante gli anni della dittatura e della guerra. Teoricamente dovremmo, quindi, vivere in un Paese libero, democratico, che ripudia ogni forma di discriminazione, oppressione, violenza e guerra, quali caratteristiche del vent’ennio fascista. Dovremmo vivere in una democrazia che ha riconosciuto il proprio passato, si è presa le proprie responsabilità e che ha imparato dagli errori commessi per costruire un futuro diverso.

Ma è davvero così?

Direi che dopo quello che è successo negli ultimi giorni, la risposta è ben chiara. Così come è chiara ogni anno, quando gruppi neofascisti si ritrovano a Predappio per celebrare il compleanno di Mussolini oppure come la commemorazione del centenario dalla Marcia su Roma un paio di anni fa. Ma anche come sono chiari gli inneggi al fascismo del tipo “ma Mussolini ha fatto anche cose buone”, oppure come il ruolo mai riconosciuto dei partigiani nella Resistenza.

E più vicino a noi, è chiaro anche il controllo che il governo vuole esercitare sui cittadini, limitando le loro libertà. Perché un governo che decide sui corpi delle donne, che calpesta la dignità di persone che scappano dai loro paesi per cercare un futuro migliore, che chiude la bocca a giornalisti e intellettuali che hanno tutto il diritto di criticare chi sta ai piani alti, non può forse considerarsi fascista? Non sono forse queste le forme di discriminazione e oppressione che si possono ricondurre alla nostra Storia?

La nostra è una Storia con cui non abbiamo mai fatto i conti. Siamo un popolo che ha preferito disfarsi delle proprie responsabilità e sotterrare i propri errori, invece che imparare da essi. E non è normale che un Paese che ha vissuto tanta oppressione e violenza, parli della propria Storia in modo così leggero. Perché quella del Ventennio fascista è stata una storia tragica, eppure non ci viene raccontata in questo modo. Siamo abituati ad avere una visione dell’Italia che, la guerra, l’ha vinta grazie al cambio di alleanze dell’ultimo minuto. Ma non è vero, perché la guerra l’abbiamo persa e il nostro patrimonio storico ne è un esempio: ci viene insegnato che il fascismo è caduto grazie all’aiuto degli Alleati, ma chi ha giocato un ruolo fondamentale nella liberazione del nostro Paese dai nazifascisti sono stati i partigiani. Sono stati loro il 25 Aprile 1945 a sbattere fuori dalle città italiane i nazifascisti. Ed è anche (direi soprattutto) grazie a loro che abitiamo in un Paese libero e democratico. Eppure, di loro e della loro guerra non si parla mai. Così come ci si dimentica anche di tutto il terrore, la violenza e la miseria che la guerra e il fascismo hanno portato nel nostro Paese.
D’altro canto, però, il seme del fascismo non è mai marcito: è sempre stato lì, forse latente, un po’ mascherato, un po’ nascosto, ma non abbiamo mai avuto il coraggio di estirparlo davvero. Non siamo mai stati in grado di rielaborare quello che il fascismo ha fatto alla nostra società, ai valori che ci ha imposto e che fanno parte della nostra tradizione e cultura, che lo vogliamo o meno. E siamo arrivati al punto di avere governi sempre più filo-fascisti (piccola parentesi: ma il partito di Giorgia Meloni deriva dal partito neofascita nato dopo la fine della guerra), che si distanziano dalla Storia e non ne riconoscono il carico culturale, sociale e storico.

E a noi va bene così? Non abbiamo niente da dire?

Di fronte a quello che sta succedendo in Italia in questo periodo, di fronte alle guerre che stiamo finanziando e di fronte alla guerra ormai apertamente dichiarata dal governo alla nostra democrazia, non possiamo più stare in silenzio. E un primo passo è riconoscersi Antifascista.

Riconoscere di essere antifascista, non è solo un atto politico, ma vuol dire riconoscere quella che è stata la nostra Storia. Perché noi, nel nostro presente, siamo anche il nostro passato, fa parte di noi, che lo vogliamo o no. È segno che finalmente iniziamo a prenderci le nostre responsabilità come popolo nei confronti degli altri popoli. È prenderci la responsabilità di tutte le morti civili che abbiamo causato. Significa dimostrare che chi ha perso la vita per liberare il nostro paese non è morto invano.

È dimostrare che il nostro presente non vuole più essere come è stato il passato. Vuol dire partire dagli errori commessi, per costruire un futuro diverso, democratico e davvero libero da violenza e oppressioni.

E non dobbiamo più stare in silenzio, perché se c’è una cosa che la Resistenza ci ha insegnato è che un Paese lo fa chi ci vive e chi lotta per la propria libertà.

Per cui mostriamo a chi ci governa quali sono i valori in cui crediamo. Per farlo bastano tre parole: io sono Antifascista.

Buona Festa della Liberazione!

Camilla Ferello

P.S.: vi lascio qui il discorso di Antonio Scurati, che andrebbe letto, riletto e riletto ancora!

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