Cosa volevi fare da grande?

Quante volte da bambin? ci è stato chiesto cosa volevamo fare da grandi? Credo tantissime e proprio questi sogni sono spesso il motivo per scherzare tra amic? a chi voleva fare il lavoro più strano, così come sono la ragione per cui qualcun? di noi ha sviluppato i propri interessi e le proprie passioni. 

Pensando alla domanda introduttiva dell’intervista, quella per spezzare un po’ il ghiaccio, ho pensato che sarebbe stato bello per le donne intervistate provare a tornare indietro nel tempo, a tornare bambine e ripensare a come i loro sogni siano cresciuti con loro. Chi ce lo chiede più, adesso che siamo tutt? cresciut?, cosa volessimo fare da grandi? E la risposta alla domanda credo sarebbe ancora più interessante se ce la ponessimo adesso: cosa voglio fare da grande? Perché, alla fine dei conti, non si smette mai di crescere, imparare e avere sogni.

Quello che è emerso mi ha fatto spesso sorridere, alcune risposte sono state inaspettate, altre invece mi hanno fatta riflettere molto su come la vita spesso, nel bene e nel male, non vada come vorremmo e per questo motivo magari quel sogno che avevamo da bambin? prende tutt’altra direzione. 

Giulia voleva fare la ballerina – ammettetelo, quante di voi volevano fare le ballerine? – crescendo però i suoi interessi sono cambiati, comprendendo che la disciplina di quello sport non faceva per lei. 

Chiara, invece, voleva fare la dottoressa, ma neanche lei si spiega tanto il perché e questo mi ha fatto decisamente sorridere. Poi il colpo di fulmine: leggendo il romanzo “Piccole donne”, ha deciso di voler diventare scrittrice, proprio come il personaggio di Jo March. Anche se oggi non fa esattamente la scrittrice, la sua passione per la lettura e la scrittura è stata il filo conduttore che l’ha portata oggi a fare “quello che mi piaceva fare, che è anche quello che mi riesce meglio”.

Poi c’è chi, come Giulia, voleva fare la parrucchiera o l’estetista, perché fin da bambina aveva questa passione nel pettinare le bambole, far loro le acconciature e truccarle. Anche per lei, la vita è andata in modo diverso, ha avuto una famiglia e nel frattempo ha scoperto altre passioni che le danno tantissima soddisfazione (è bravissima all’uncinetto, fa dei lavori spettacolari!).

Ammetto che la cosa che mi ha lasciata sollevata dopo questa domanda è stato sentire che, nonostante le difficoltà nel raggiungere il proprio sogno o il fatto di non averlo raggiunto affatto, queste donne fossero contente di come si siano evolute le loro vite, nella consapevolezza che i loro sogni e i loro desideri possono ancora cambiare. Credo che  la bellezza di vivere stia anche in questo: il nostro destino non è segnato, i sogni cambiano e crescono con noi. Siamo noi a dar loro un senso, uno scopo, ad adattarli o cambiarli completamente quando è necessario. Così come è bellissimo provare a raggiungere i propri sogni, lavorando sodo, con passione e determinazione. 

Penserete che quello che sto scrivendo sia ovvio, ma sono la prima ad averne dubitato. Quante volte abbiamo pensato che i nostri sogni o i nostri desideri fossero davvero nostri, ma in realtà erano dettati da altr?? Quante volte abbiamo cambiato direzione senza ascoltare noi stess?? Ed è a questo punto che entra la complessità della vita di ogni essere umano. Le relazioni che abbiamo spesso influiscono su di noi e, volenti o nolenti, anche sui nostri sogni. 

Ad alcune delle donne che ho intervistato ho fatto poi la seguente domanda: “Ti piacerebbe un giorno poter provare a realizzarlo?”. Alcune mi hanno messa di fronte al fatto che le priorità nella vita cambiano e che a volte i sogni devono essere messi nel cassetto per andare avanti. Altre invece mi hanno mostrato la forza e la determinazione nel raggiungere quel loro sogno, di cercare anche vie traverse affinché quel sogno si potesse anche solo in parte realizzare o prendere tutta un’altra forma. Non raggiungere i propri sogni, sia chiaro, non vuol dire essere necessariamente infelici, anzi. Proprio perché i sogni, come la vita stessa, cambiamo costantemente, cercheremo sempre il modo per essere felici. Il rischio è piuttosto quello di rimpiangere quello che non si è riuscit? a fare.

Molte di loro mi hanno anche brevemente raccontato la loro storia ed è stato molto bello sentire come i loro sogni si siano evoluti nel tempo.

Per esempio, Angela voleva fare la maestra, tanto che usava sua sorella più piccola come cavia per le sue lezioni. Poi però ha deciso di iscriversi a ragioneria, perché si è resa conto che “le maestre devono saper disegnare, essere creative e questi sono due pregi, che io purtroppo non avevo” e perciò ha lasciato questo sogno nel cassetto. A 19 anni, si è trasferita dall’Abruzzo in Veneto, in cui “è iniziata tutta la mia storia personale di donna, di moglie, di mamma” e che le ha in parte dato la possibilità di riaprire quel cassetto: dopo un periodo nell’azienda dove lavorava il fratello, ha lavorato in una scuola dell’infanzia come responsabile amministrativa e del personale. Certamente non era spesso a contatto con i bambini, però sicuramente lavorare in quell’ambiente le ha fatto rivivere quel sogno di bambina.

Veronica, invece, voleva fare l’etologa – giuro che nemmeno io ero a conoscenza di questo termine -, cioè coloro che studiano il comportamento degli animali e lei in particolare voleva studiare i cuccioli. Alle superiori ha studiato in un istituto tecnico di indirizzo biologico, iniziando successivamente a studiare biologia all’università. Dopo un anno, però, si è resa conto che biologia non faceva per lei. Nel frattempo, aveva iniziato a lavorare in piscina come assistente bagnante e a partire da questo lavoro ha deciso di iscriversi a scienze motorie. Studiando, ha cominciato ad interessarsi al mondo dell’infanzia, in particolare di bambin? con ADHD, fino ad arrivare alla psicomotricità relazionale: “Fondamentalmente ho pensato di voler aiutare questi bambini e queste bambine e quello che ho fatto è stato comunque studiare il comportamento dei cuccioli, anche se umani”.

E’ stato anche molto interessante quanto, da generazione a generazione, questi sogni siano cambiati, così come lo è stato sentire le diverse possibilità che le donne avevano e hanno oggi. 

E’ stato molto interessante come Anna, studentessa al quinto anno di liceo, ha introdotto la sua risposta: “Adesso sono entrata nell’ottica di cosa vorrei fare da grande”. Mi ha fatto molto sorridere, perché mi sono rivista molto nel periodo in cui ho finito il liceo e non avevo la più pallida idea di cosa avrei voluto fare da grande – non che adesso abbia molte più certezze. Però lei mi è invece sembrata molto decisa: vorrebbe diventare una psicologa oncologica. “La mia idea iniziale è sempre stata quella di voler aiutare le persone, però non riuscivo mai a trovare un modo in cui io potessi farlo. […] Mi piace proprio tanto sapere che magari si può aiutare qualcuno, anche i genitori di questi bambini che scoprono di avere dei tumori. Secondo me, è molto interessante e molto bello.”. Vedere questi sogni che hanno messo seme e stanno cominciando pian piano a crescere è stato uno dei regali più belli che queste interviste mi hanno fatto.

Emily, invece, voleva fare la veterinaria, perché le piacevano molto gli animali, ma ora che suoi interessi sono cambiati, vorrebbe invece occuparsi del mondo dei social, in modo particolare del marketing. E poi c’è Samia, che da grande voleva fare la pediatra, perché innamorata persa della sua che le regalava gli adesivi. E anche qui, la vita evolve e oggi è redattrice del giornale di strada dell’Alto Adige. 

E chissà cosa sogneranno ancora queste giovani donne nella loro vita.

Con le donne più anziane che ho intervistato ho dovuto fare un difficile lavoro di comprensione e immedesimazione nella donna che avevo di fronte, perché è chiaro che i sogni che loro hanno avuto sono stati dettati da condizioni sociali, storiche e culturali molto diverse dalle nostre. Sono spesso stata tratta in inganno dal cercare di comprendere perché non abbiano desiderato altro dalla vita, ma poi ho capito che dovevo spegnere questo pregiudizio, perché nel raccontarsi loro stesse mi hanno detto di essere state contente della vita che hanno avuto e che, nonostante le difficoltà, hanno potuto realizzare i loro sogni. E credo sia questa l’unica cosa che conti davvero. Non possiamo essere noi a decidere se ci sian sogni giusti o sogni sbagliati, ognun? di noi costruisce i propri su misura per sé, in base ai propri desideri, alle proprie necessità e alle proprie passioni.

La risposta di Daniela mi ha fatta molto sorridere: “Da grande volevo fare la mamma. La mamma sì, ma la casalinga no.”. Insomma, stare tutto il giorno a casa non faceva per lei. Spesso però siamo anche costrett? a fare ciò che non ci piace: per un periodo infatti è dovuta stare a casa con i figli e, nonostante fosse contenta di poter essere madre, gli anni da casalinga le sono un po’ pesati. Seppur un po’ pesante, è stato solo un periodo della sua vita, che non le ha precluso la possibilità di lavorare e di realizzare “quello che mi ero prefissata quando ero ragazza, perché ho avuto i figli e ho comunque lavorato”. 

E infine, come si suol dire, ultima ma non per importanza, Maria Pia – aka mia nonna. Lei devo dire che mi ha lasciata abbastanza spiazzata all’inizio, perché mi ha detto di non essersi mai particolarmente preoccupata di cosa volesse diventare da grande. Lei è nata negli anni ‘40, periodo in cui le donne era tanto se arrivavano alla quinta elementare e questo è stato un fattore che sicuramente ha influito molto sulle possibilità che le donne avevano di raggiungere i propri sogni. Inoltre, lei è nata in una cittadina del Veneto, in cui le possibilità non erano molte: o si andava a lavorare in fabbrica, o ci si sposava e si faceva la casalinga. Ed è assurdo, se ci pensiamo, a quanto le cose siano diverse oggi: oggi abbiamo il privilegio di poter scegliere ciò che vogliamo fare della nostra vita. E questa può essere un’arma a doppio taglio: da una parte, possiamo provare strade diverse per raggiungere i nostri obiettivi; dall’altra, abbiamo così tante possibilità, che non sappiamo che pesci pigliare. Dobbiamo sgomitare in un mondo carico di stimoli e opportunità per riuscire a trovare la nostra strada.
Non conoscevo molto la storia di mia nonna e ho fatto la sorprendente scoperta che lei ha lavorato per 9 anni in una fabbrica di Castelfranco Veneto, finché non si è sposata con mio nonno e insieme hanno avuto tre figli. “Con il nonno avevamo fatto una scelta, per cui da sposata, poiché si sperava in una famiglia, per noi era importante che io facessi la mamma. È stata una mia scelta.”. Il lavoro non la attirava particolarmente, anche perché le fabbriche che sono nate in quegli anni non erano dei bei luoghi in cui lavorare e ha voluto concentrare le sue energie nel costruire la sua famiglia e crescere i propri figli. 

E’ stato bello incontrare i sogni di queste donne, sentire le loro storie, vedere i loro volti sorridere, commuoversi e anche arrabbiarsi a volte. E’ stato bello sentire la soddisfazione di coloro che alcuni sogni li hanno raggiunti e la freschezza invece di sogni che stanno ancora germogliando. Dall’altra parte mi faceva rabbia sentirmi dire: “E’ andata così, ma va bene lo stesso”. Non ho sentito rassegnazione in questa espressione, bensì una presa di consapevolezza che la vita, pur mettendo i bastoni tra le ruote, a volte va come deve andare e quelle volte non possiamo far altro che seguire il suo flusso.

I sogni, i desideri fanno parte del nostro essere umani e tenere sempre un orecchio rivolto verso di loro, per ascoltare ciò che davvero desideriamo è ciò che, a mio parere, ci permette di comprendere cosa ci distrae e contemporaneamente ci tiene attaccati a ciò che per noi conta davvero.

E voi, cosa volevate fare da grandi?

Risposte

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